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Liberté - Page 1337

  • Il direttore illuminato della SSR

     

    Edito publié en première page du Giornale del Popolo - Lundi 17.01.11 - Un grand merci à mon ami et confrère Claudio Mesoniat, rédacteur en chef, pour la traduction - La version allemande sera publiée sous peu.


    Un bel giorno, sulle colonne di alcuni quotidiani svizzeri (era il 4 gennaio scorso), Roger de Weck si è messo a parlare di Lumi, con la L maiuscola, insomma quelli di Diderot e Voltaire, ripetendo a tal punto questa parola incantatoria che al posto dei Lumi è un saltellare di capretti che si è parato ai nostri occhi. I capretti del generale de Gaulle, quando parlava dell’Europa. Caso divertente, il nuovo patron della SSR si trova ad essere un partigiano accanito dell’entrata della Svizzera nell’Unione europea: l’Europa, i Lumi, cui va ad aggiungersi una devozione liturgica alle parole “servizio pubblico”, cullate nel discorso come virtù evangeliche, arca santa, inattaccabile. Dotata di tutti i poteri: voi mormorate “servizio pubblico” ed ecco la lebbra toccata, il male ripudiato. È davvero molto forte Roger de Weck. Un mago.

    Paginate intere di giornale per disegnare, col compasso e la squadra, una visione teorica, metallica, disincarnata del mondo dei media in Svizzera. Manichea, anche, tanto trasuda, sotto la penna dell’ammiratore dei Lumi, l’odio per tutto ciò che verrebbe dal privato, la demonizzazione della pubblicità, il sentimento di arroganza e di superiorità del Mammut debitamente ingrassato dal canone, di fronte alla fragile costellazione dei piccoli, meno viziati, che devono battersi infinitamente di più per sopravvivere. Da parte di un uomo che ha diretto giornali prestigiosi come “Die Zeit” o il “Tages Anzieger”, dei quali mi sfugge che fossero alimentati da fondi pubblici, si tratta di una giravolta di cui si apprezzerà l’opportuna “souplesse” (ogni via di Damasco, d’altronde ha il suo episodio di “Luce”).

    I Lumi, citati cinque volte nella sola prima colonna, ci abbagliano in tutte le salse: sarebbero all’origine non solo del dibattito democratico, ma anche della satira! La quale, com’è noto, non esisteva né nell’Antichità né nel Medioevo, e neppure all’epoca di Molière, che commise l’imprudenza di nascere un secolo in anticipo. Proporre, nello stesso testo, l’apologia della satira e quella della «forza tranquilla dei buoni argomenti», ci promette dibattiti appassionanti -sotto il regno illuminato di monsieur de Weck- sulla definizione del “buon argomento”, tra buon gusto e tracotanza, là dove sta la linea gialla nella geometria del pensare corretto. Demolendo, qualche giorno fa, ai microfoni della radio romanda, Sarkozi e Berlusconi, stimando una fortuna che l’Ungheria sia nell’Unione europea, il nuovo capo della SSR ha d’altra parte inventato un nuovo concetto, rinfrescante, del ruolo del primo funzionario di una radiotelevisione di Stato: quello di una neutralità per lo meno... impegnata.

    Senza ironia, il testo di Roger de Weck mi inquieta soprattutto su un punto: che, sotto la copertura dei buoni sentimenti, seminati sul cammino come altrettante virtù teologali, con veste di oggettività, il servizio detto “pubblico”, in Svizzera, sia sornionamente fatto ostaggio di un’ideologia piuttosto che di un’altra. È noto il profilo politico del nuovo patron della SSR, la sua devozione all’Unione europea, il suo disprezzo per il partito più votato dagli svizzeri alle ultime elezioni federali, tutte cose che rientrano nel suo diritto più assoluto in quanto cittadino, ma che sarebbe meglio non facessero capolino nell’esercizio delle sue funzioni. Lo stesso vale per la lotta contro la «polarizzazione» nei dibattiti: ma insomma, signor de Weck, se la Svizzera fosse chiamata nei prossimi vent’anni a polarizzarsi, e magari il centro-destra a sfumarsi dolcemente, in nome di cosa la SSR dovrebbe assumersi, unilateralmente, la missione di contrastare questa realtà politica? Esempio: la zuppa in cui si sta trasformando “Arena”, a Zurigo, in realtà per diminuire il potere d’influenza di un partito giudicato (da chi, e con quale diritto?) più degno della notte che dei Lumi.

    Per il resto, la Sacra Scrittura di monsieur de Weck riprende lo strano dogma della SSR sola capace, in Svizzera, di proporre dei servizi di qualità. Suppongo che l’uomo di cultura che è de Weck legga tutti i giorni giornali come “Le Temps” o la “NZZ”, cosa che a buon conto io faccio, e questi giornali, finanziati dal solo settore privato mi insegnano, sulla politica, l’economia, la cultura, in Svizzera, almeno tanto quanto molte trasmissioni della SSR. Quanto ai canali radio e tv privati, che manifestamente de Weck non conosce, invito tutti, quando volessero, a confrontare i loro costi orari (per esempio quelli dei programmi di informazione e dei dibattiti) con quelli del Mammut.

    Leggendo il nuovo capo della SSR si resta confusi dalla quantità d’energia spesa in fondo con l’unico intento (come certe costruzioni di Tinguely) di salvare la ragion d’essere della macchina stessa. Non ciò che produce, ma lo strumento come tale. Di fronte a questo manifesto di sopravvivenza, cosa devono fare i media privati, radio, tv, e (ben presto!) siti internet? Risposta: battersi. Mostrare che possono fare altrettanto bene con infinitamente meno. Essere i migliori nell’informazione di prossimità, nei dibattiti locali, ma anche nella promozione della cultura, della vita sportiva, associativa. E soprattutto, continuare a lavorare nella gioia e nell’entusiasmo, a qualche migliaio di leghe dagli apparati e dalla loro pesantezza. La sola prova in questo mestiere, in fondo, è la prova dei fatti. Ai grandi disegni teorici, quelli del compasso e della squadra, non è vano opporre l’infaticabile fatica delle formiche. Lontano dai Lumi. Ma nell’illuminante oscurità del loro artigianato. Sempre da ricominciare.

    Pascal Décaillet

     

  • Jouvencelle candeur

     

    Chronique publiée dans la Tribune de Genève - Lundi 17.01.11

     

    Le départ de Martine Brunschwig Graf, à la fin de la législature, fragilise une délégation genevoise dont elle est, avec son collègue libéral Christian Luscher, mais aussi le socialiste Carlo Sommaruga, l’une des personnalités compétentes et influentes. Un tout petit cru, ce « Onze genevois » 2007-2011, à mille lieues, par exemple, d’une députation fribourgeoise hors normes, avec ses Berset, ses Schwaller, ses Rime et ses Levrat.

     

    A Berne, il faut envoyer des politiciens, pas des compassionnels. Ni des rêveurs. Il faut choisir des gens ayant, depuis des années, montré quelque intérêt pour ce qui se passe au-delà de la Versoix. Des gens avec une vision suisse, un sens du pays, de son Histoire, la connaissance d’au moins une autre langue nationale, ne tombant pas des nues quand on leur parle de 1798, 1848, ou 1919. Toutes ces conditions, MBG les remplissait. Elle aura, pendant huit ans, utilement servi la Suisse, sous la Coupole.

     

    Puisse la délégation 2011-2015 nous épargner l’impression d’amateurisme, ou de jouvencelle candeur, donnée aujourd’hui par certains, de gauche comme de droite. Le Conseil national n’est pas un club de copains sympas, ni de foot. C’est l’un des organes majeurs de notre Confédération. Il y faut les plus compétents. Oui, tout simplement, les meilleurs. Quelles que soient vos sensibilités, pensez-y en composant votre casting d’octobre prochain.

     

    Pascal Décaillet

     

     

     

     

     

  • Saint-Gall – Shanghai, en voiture s’il vous plaît !

     

    Sur le vif - Dimanche 16.01.11 - 18.52h

     

    Il vient d’avoir une belle image, le Flandrin des glaciers, à l’instant, sur la RSR : commentant le passage de Thomas Müller, PDC saint-gallois de longue date, maire de Rorschach, conseiller national, à l’UDC, ce qui est un vrai sale coup pour la démocratie chrétienne suisse, Christophe Darbellay a parlé d’un grand écart digne d’un déménagement de Saint-Gall à Shanghai !

     

    Il se pourrait bien que pour certains, dans les années qui viennent, le voyage Saint-Gall – Shanghai se banalise au point de devenir la règle, une sorte de pèlerinage, ou de sortie de contemporains. Le mot « PDC » n’existe, au niveau fédéral, que depuis 1971. Auparavant, dans les cantons où cette mouvance était encore connotée de quelques valeurs, on l’appelait, et c’était bien plus clair, « les conservateurs ». C’est un très beau mot, plus fier, plus digne, plus franc, tout comme d’ailleurs « les réformateurs », ou même « les révolutionnaires ». En politique, il n’est point de honte à afficher la couleur. Celle des conservateurs, ce fut longtemps le noir.

     

    Alors voilà, si Thomas Müller juge bon de grimper dans l’express de Shanghai, c’est qu’il doit bien avoir de solides raisons. A l’aile droite du PDC, côté Valais, mais aussi Suisse centrale, Suisse orientale, ainsi que dans une frange non négligeable du PLR, il y a des gens qui ont besoin de repères plus clairs. Pour les derniers cités, ils commencent à en avoir un peu assez de la florentine complexité de la pensée de Fulvio Pelli. Alors, la directissime pour Shanghai les chatouille et les gratouille de plus en plus.

     

    Encore un ou deux coups comme ceux du 28 novembre dernier, où l’axe PDC-PLR a joué la copie contre l’original, et, d’ici dix ou quinze ans, le Saint-Gall – Shanghai sera noir de monde. Il faudra même réserver, pour être sûr d’y avoir une place.

     

    Pascal Décaillet